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Diventare internazionali: alcune considerazioni

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Una rapida valutazione su questioni commerciali non così ovvie a livello internazionale.

Tra “Push” o “Pull”, tieni sempre gli occhi sul quadro generale.

Alla base dell’impegno di un’azienda a diventare internazionale, ci sono una serie di fattori “Push” e “Pull“.
Per esempio, l’aumento dei prezzi delle risorse a livello nazionale potrebbe essere un fattore di spinta alla ricerca di forniture all’estero; di conseguenza, tali forniture più economiche saranno soggette a un ulteriore spinta verso una visione internazionale.
Anche un mercato interno maturo e saturo rappresenta un fattore chiave di spinta all’internazionalizzazione; al contrario, le barriere all’esportazione potrebbero essere un fattore di attrazione funzionale alla creazione di un’unità produttiva estera. Pertanto, pressioni diverse influenzano la decisione di un’azienda su quando, dove e come agire sulla scena internazionale.

Diventare internazionale non significa essere culturalmente sordi.

In termini socio-politici, le società internazionali tendono ad operare in ambienti politici relativamente stabili (più sono stabili, meglio è), dove lo stato di diritto, l’apertura sistemica e una chiara registrazione del commercio estero sono fattori primari nel decision-making process. Nonostante l’evidenza, la stabilità non è un risultato del funzionamento istituzionale ufficiale: infatti, le istituzioni non ufficiali (siano esse abitudini generali, regole non scritte e consuetudini) hanno un impatto sulle operazioni internazionali. In effetti, le cose diventano davvero concrete e culturalmente rilevanti a seconda della realtà locale. Da una stretta di mano alla corretta conoscenza della lingua, la cultura è importante.

La tecnologia è la chiave….ma come usarla?

La tecnologia ha giocato un ruolo chiave nei tempi moderni. Qualunque sia la natura dell’innovazione (cumulativa o dirompente), il progresso tecnologico è un fattore chiave sia nella produzione che nello sviluppo di nuovi beni e servizi; infatti, gli input e gli output sono tipicamente multi-tecnologici, nel senso che sono soggetti a innovazioni intersettoriali: dove il vapore ha prodotto la prima rivoluzione industriale moderna e i suoi risultati erano principalmente legati a realizzazioni meccaniche, l’IT ha avuto un impatto in diversi settori, in particolare:

  • Trasporti
  • Management,
  • Ricerca e Sviluppo
  • Comunicazione
  • Produzione

creando così il cosiddetto digital divide tra appassionati e aziende riluttanti.

Le imprese internazionali dividono il loro capitale tecnologico tra contributi interni e contributi di terze parti. In termini economici, alcune procedure relative ad una specifica innovazione non potrebbero essere sviluppate internamente o sfruttate appieno, da qui la necessità di cercare fornitori per rendere le operazioni più fluide ed economicamente vantaggiose. Detto questo, una filiera così complessa è influenzata da fattori geografici e sociali: se un paese ha manodopera qualificata, una rinomata tradizione nell’innovazione e un ambiente socio-politico stabile, allora sarà un naturale destinatario di investimenti diretti esteri (IDE); purtroppo, tale competitività internazionale ha polarizzato le attività commerciali internazionali, e guadagnare un posto nella scena non è certo un processo semplice o breve.

Le multinazionali: il grande equivoco.

Una multinazionale (MNE – Multinational Enterprise) è un’azienda che opera in diversi paesi, che mira al modo migliore per produrre con efficienza e guadagno, mantenendo al contempo una sede centrale. Nel secondo dopoguerra, le multinazionali detengono direttamente il controllo delle operazioni all’estero; oggi, esse tendono a controllare tali attività attraverso mezzi non azionari (ad esempio, partnership strategiche, accordi di cooperazione, trasferimenti tecnologici), riducendo così la loro esposizione finanziaria.

Contrariamente ad un’errata percezione comune, la maggior parte delle multinazionali non sono grandi compagnie: la maggior parte di esse, infatti, ha un limite massimo di vendite commerciali vicino ai 5 milioni di dollari e sono qualificabili come PMI​.
Il lato positivo di una piccola media impresa è la reattività, ossia la capacità di adattarsi rapidamente ai cambiamenti, e tale reattività è fortemente utilizzata dalle imprese più grandi per mantenere efficiente la catena di approvvigionamento e di aprirsi alle innovazioni e alle fluttuazioni della domanda.

Siate consapevoli, non tentate a caso e agite rapidamente.

Diventare internazionali non è solo una questione di disponibilità, se un’azienda non ha internamente delle figure professionali per un processo di internazionalizzazione è bene che si affidi a dei professionisti che li possano aiutare dall’inizio alla fine.

 

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In conclusione, alcuni suggerimenti utili che SVA Group consiglia a chi vuole intraprendere questo percorso:

  • Scegliere con cura lo scenario migliore e più adatto
  • Fare affidamento sulla continua innovazione tecnologica;
  • Tenere conto della dimensione (e in particolare l’over stretching) per una valutazione dei risultati futuri.

Per ulteriori informazioni:

info@svadvisory.com

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